ARTE CERVICALE
- inno alla vita -

pain in the ass - resurrHertzione

Old-Media Soundtrack - Colonna Sonora per Documentari Aleatori

venerdì 5 novembre 2010

Fallo via bluetooth

Tutto cominciò in un ristorante, mentre passavo delle foto alla mia ragazza via bluetooth. Tra i dispositivi trovati dal mio telefono, risultava una delle quattro zitelle che parlavano da un'ora del loro dolore, dei loro insuccessi, dei loro ex, ecc. L'idea migliore che mi venne, fu quella di andare in bagno per fotografare Mr. Fringuello e inviarglielo.
L'impresa non riuscì, ma la scintilla era scattata: volevo osservare le reazioni della gente alla vista di un fallo arrivato per bluetooth.
Perchè via bluetooth?
Perchè il ricevente può sapere che il disgraziato si trova vicino a lui, ma non può sapere con certezza chi è. Può quindi avere le reazioni più disparate, dalla paura del maniaco all'incazzatura per uno scherzo di pessimo gusto, o anche (perchè no) alla risata.
Perchè un fallo?
Perchè non esiste una persona a cui non lo invierei. I luoghi affollati, che sono stati il campo di gioco per quest'indagine, rivelano la grande omologazione di cui siamo tutti vittime: persone ben vestite, ragazze e ragazzi in tiro, impiegati anonimi, studenti che fanno i soliti discorsi da studenti.
Ben inteso, a vedermi seduto in un pullman probabilmente non sono diverso da loro. Ma il gioco di buttare un elemento di rottura nel grigiore della Solita Giornata è una cosa che non dovrebbe risparmiare nessuno, nemmeno me stesso.

Così, scelto il nick ammonitivo di Jean Frusaglia, ho iniziato a tartassare i vari Fabry, Tata89 e CiccioTiAmo che comparivano sul mio telefono.
La grande difficoltà di questo gioco, ovviamente, è riuscire a inviare l'immagine, ossia riuscire a trovare una connessione decente ad una persona che non rifiuti l'immagine (probabilità di successo: più o meno 1/25).
Ciò non mi ha impedito di trovare tre vittime, fino ad oggi. Osserviamole insieme.

Vittima No.1: colpito in un vagone della metro, questo ragazzo non sapeva bene come comportarsi. Aveva interpretato Mr. Fringuello come un affronto, e non gli andava di rimanere impassibile con chi si era creduto più furbo di lui. Prima di scendere, rivolse la sua invettiva al vagone in generale, pur sapendo che solo il colpevole avrebbe compreso: 'sto coglione che invia le foto ai telefoni!

Vittima No.2: un alone di mistero avvolge l'identità della vittima numero 2, che avrà avuto le sue buone ragioni per non mostrare nessuna reazione all'interno del pullman in cui è stata colpita. Aveva paura di un maniaco? O aveva capito che solo dalle sue reazioni avrei potuto comprendere l'identità del ricevente?

Vittima No.3: ancora sul pullman. Il signore in questione fissò per un po' l'immagine sul cellulare con espressione sorpresa, poi si guardò intorno, come per applicare quel pene ai vari individui che lo circondavano indifferenti. Si rassegnò dopo aver ripetuto varie volte il passaggio dalla foto ai passeggeri.

E se anche voi verrete raggiunti dall'iconica figura, tanto meglio: ora sapete perchè.

Jean Frusaglia

lunedì 11 ottobre 2010

Simultaneità di minimalismi stradali









sabato 4 settembre 2010

Xxhuman

...connected

M’inserisco nel database del sistema di ricezione EchoImpulse per impulsi trans-astrali, immettendo le keyword prima che le informazioni in arrivo vengano criptate, avvio il download attraverso la porta sottocutanea / azzurro-led frantumarsi in frame: vedere il proprio corpo suddiviso in bio-quadranti - arto destro sostituito da cave fragili falangi vitree integrate in sail-controller /

connection down...

le sfioro ma tocco solo tastiere nella luce dei monitor.


Nelle profondità cosmiche l'ultima nave salpata dal pianeta Xxoo cinquemila anni fà, al tempo della sua fine, navigava in cerca di una civiltà tecnologicamente abbastanza avanzata su cui poter innestare il seme del popolo degli Xxooani ormai estinto se non per la loro principessa senza nome sospesa in stato di vita rallentata fin dalla nascita;

Il sistema di ricerca della nave Xxooana localizzata la civiltà obbiettivo avviò la procedura di risveglio: scivolò la vetroroccia che copriva la vasca, inudibili grida d'inumana solitudine vennero digitalizzate e irradiate nel cosmo.

Ella prese i comandi dell'arcano e allo stesso tempo avanzatissimo sistema di sovrapposizione trans-astrale / cave fragili falangi vitree integrate in sail-controller / stabilì un primo contatto neurale con l'utente penetrando come dati in download nell'unità di memoria intercraniale.


Un muto e lancinante grido elettronico mi trafigge, sempre più frequenti sfarfallii di luce mi attraversano il cranio e vedo alternarsi parti del mio corpo a parti assolutamente inumane / stagliarsi di rigidi arti inferiori: placca minerale scarnificata - fianchi rettilei lucidi e duramente levigati dai riflessi d'ametista e arti superiori vitrei ora piegati e incastonati sul torace / sento i miei lineamenti farsi pareti sfaccettate di roccia, le labbra taglienti e gli occhi profonde fessure vertricali buie;

Il suo corpo alieno s'estrude dal mio come un'ologramma a perfetta risoluzione, ma lo posso toccare gelido e levigato, scendo con le dita lungo i suoi fianchi sino all'inguine quando inizia a secernere un liquido che cristallizzando a contatto con l'aria m'imprigiona contro di lei in un bozzolo iridescente che si propaga su di me, ma non oppongo la minima resistenza -era tutta la vita che ti aspettavo!- / venature di roccia lucente fuse con elastiche arterie umane - unione cardiovascolare esobiologica / lei distende le braccia prolungando le sue dita di cristallo nei comandi di un sistema di puro silicio biologico, dal suo cranio un'incrostazione cerebrale cristallina mi avvolge la testa e penetra divenendo un cavetto conduttore nella mia presa sottocutanea intercraniale, inducendo un sovradosaggio di neurotrasmettitori, siamo finalmente un unico organismo / complesso esobiologico basato sulla sintesi carbonio-silicio - vita-macchina - carne-pietra / i miei gameti attraverso il sistema vengono codificati e convertiti in cellule-droidi recettibili da lei che così viene fecondata.


La razza Xxooana rinascerà in comunione con una razza Umana rinnovata.

mercoledì 25 agosto 2010

Suono, Non-Suono - Massimiliano Scordamaglia

Cause scatenanti e approccio pratico-teorico all'Audio Particellare

Esigenza di suono non-suono.
Mai sentito il bisogno di forme d’onda che avvolgano senza parlare, senza suonare, senza portare carichi informativi da processare neppure distrattamente?
Io si.
Vi sono sere nelle quali non esiste una voce amica, non c’e’ canzone che esalti o rilassi, non un commento di qualche genere che distragga.
Il silenzio e’ una possibilita’ ma cosa sappiamo noi del silenzio in fondo?
Neppure nati ed un battito di cuore materno e’ la prima percezione del cosmo.
Siamo fuggiti dal silenzio prima di essere uomini e nel voler divenire Dio abbiamo inventato macchine sempre piu’ rumorose ammantandole d'efficienza.
Abbiamo creato la musica e con essa il comando di dormire prima ancora di avere coscienza di noi stessi.
Il silenzio e’ orrore e solitudine, e’ allarme, e’ gola scoperta e per questo lo concediamo a chi conosciamo bene e ispira fiducia.
No, l’uomo non sa affrontare il silenzio ma manca d’equilibrio, difetta di controllo, nel terrore abbonda e nell’egoismo sviluppa mostri di decibel vivendo con dramma il conflitto che scaturisce dall’esigenza di ascoltarsi contro il non sentirsi soli.

Rumore: rumore come suono senza informazione puo’ risolvere ma solo a meta’ quando fuggire dal quotidiano e’ fuggire anche da quel rumore che sovente protegge seppur soffocando.
Suoni: passare forse per la destrutturazione ritmica e tonale e’ talvolta soluzione, seguire schemi e casualita’ di una musica moderna che ha fallito non comprendendo che musica non e’ cultura e i suoi canoni non risiedono nella capacita’ cognitiva bensi’ in quella istintiva quindi finisce per avvolgersi del manto di rumore risultando inutile ai nostri bisogni o terminando in schemi, altrettanto inutilizzabili.

Serve uscire da sapere e consuetudine.
Sentenziare che rumore sia suono senza informazione e’ ingiusto e sbagliato malgrado l’approssimazione aiuti a definire.
Potremmo persino affermare che rumore in questa accezione non esiste perche’ rumore puo’ essere somma variabilmente grande di segnali decodificabili ma sovrapposti quindi solo un problema meccanico ne impedisce la giusta separazione da una codifica all’altra.
Rumore
e' anche somma di segnali indefiniti ma sappiamo che iterando n volte la generazione di due numeri casuali atti a fornire frequenza e ampiezza, ho sovrapposizione di forme d’onda non prevedibili e non schematizzabili, rumore appunto ma cosa c’e’ di meno casuale di un algoritmo seppur creatore di casualita’?
Del resto e’ noto che gli algoritmi casuali richiedono un seed, un seme generatore dal quale svilupparsi autonomamente ma sempre in ambito deterministico che solo l’enorme difficolta’ ad essere previsto rende misterioso.
Forse un domani computer quantici riusciranno a generare vere casualita’ ma per ora Dio non gioca a dadi quindi prendiamone atto.

Non potendo scindere l’informazione dal rumore, nulla resta eccetto non elaborare l’informazione stessa.
E’ possibile ascoltare qualcuno parlare ma non comprendere cio’ che esprime e chi parla una lingua straniera ottempera al nostro desiderio di restare soli eppure non-soli.
Sia allora radio, siano onde corte, lunghe e medie, siano onde lontane pero’ perche’ di quell’umanita’ distante ed ignota pretendo presenza non messaggio.
Dire onde lontane implica viaggio e non e' ipotetico raccogliere lungo il tragitto ulteriori modulazioni, scostamenti di fase, variazioni d'ampiezza e il giungere sino a noi cariche di disturbi puo’ essere visto come bagaglio d’informazioni ulteriori a variarne sostanza, intellegibilita' nella decadenza di un messaggio che per necessita' non desideriamo e con cio' il rumore aggiunto diviene suggestione a sospingere il non-messaggio sulle affascinanti rive del sublime.
Se il non-suono ha carne di non-informazione, ha invero ossa delle armoniche raccolte durante il viaggio.
Questo e' quindi Etere, una cronaca senza interferenze, la negazione fatta affermazione, un anello che inizia nel momento in cui finisce.

Per sua definizione, il MOVIMENTO PARTICELLARE e' ricerca di differente angolazione o metodi diversi nell'osservare quanto ci circonda.
Filtrare non e' necessariamente diminuire se eliminando il superfluo esaltiamo quanto resta, elaborare non e' deformare se si evidenzia, se si e' capaci di sottolineare visioni marginali elevandole al rango di protagoniste.
L'elaborazione dell'immagine insegna e ad essa siamo abituati ma applicare metodi e principi grafici al suono non e' forse fornirne una "visione", termine curioso parlando di audio, alternativa?

Di fronte a me una forma d'onda, rappresentazione di un senso alterato in un altro e nella trasformazione trasformo, nella mutazione applico criteri impropri e osservo, si osservo come il passaggio tra domini possa condurmi in quello che vuole essere l'obiettivo ultimo di altro modo di vedere.
Ecco come Ampiezza Modulata aggiunge un grado di movimento attorno all'asse suono, percorrendolo a destra e sinistra oltre al proprio alto e basso, riuscendoci con l'introduzione di effetti in frequenza e ampiezza di varia natura.
Il risultato e' affascinante, talvolta sconcertante come accade quando ad una dimensione se ne aggiunge un'altra, quando ruotando un oggetto se ne svelano verita' che il piu' delle volte appaiono simili a trucchi, magie.
Non ci si faccia ingannare dall’essenzialita’ dell'effetto o della sua applicazione perche' sappiamo bene quanto a distanza di cento e piu' anni, il semplice trattino posto da Minkowski tra spazio e tempo, ancora sia folle esoterismo per gran parte dell'umanita'.

Di dimensione in dimensione mancava definire l'ultima, ennesima rotazione su differente asse, passo molto lungo nella cosmogonia di un viaggio.
Osservato l'oggetto-suono nel centro del movimento, spostandosi in ogni punto della superficie e sulla superficie corso e strisciato, bisognava allontanarsi ed immergersi in esso fino alla piu' remota delle indivisibili PARTICELLE.
Affondare
e' lo strumento adoperato, il microscopio ad infiniti ingrandimenti col quale cogliere l'essenza di cio' che si ascolta.

E' bene porsi subito una domanda: si puo' scendere all'infinito dentro a un suono?
La fisica elementare insegna che ogni suono ha lunghezza d'onda posta in relazione con frequenza e tempo e azzerare il tempo significa azzerare ogni possibile emissione sonora.
D'altro canto e’ ipotizzabile che la materia non sia infinitamente piccola non scendendo sotto la lunghezza di Plank eppure per descriverla si passa sovente per strumenti infiniti come i frattali e proprio i frattali meglio descrivono la sensazione del calarsi tra le pieghe del suono anche perche’, parafrasando Mandelbrot, la forma d’onda dipende dallo strumento con la quale la si osserva.
Tralasciando la teoria che impegnerebbe su concetti non del tutto pertinenti al contesto, l’operazione e’ stata eseguiti con facilita’ eppure con estrema precisione, ritrovando il fascino dell’osservare la materia ingrandita migliaia di volte o gli effetti di minuscola distorsione su suono compresso poi inflazionato, sempre con la soddisfazione nel pieno conseguimento delle regole del MOVIMENTO PARTICELLARE: altri punti di vista.

Non ho la pretesa d’inventare suoni come del resto mi limito a ritrarre e non dipingere.
D’altro canto negare una forma d’onda ne cambia fase ma non sostanza e se l’udito non coglie altri sensi si e quale miglior cambio di prospettiva.
Teorizzare una dualita’ tra cio’ che sembra ma non e’ con cio’ che non e’ eppure lo diventa potrebbe apparire pura accademia, invece l’esigenza del non-suono, del non-messaggio spalancano le porte a quella che potrebbe rivelarsi una importante nuova sfida: non-silenzio

Ci stiamo lavorando, lo stiamo cercando perche’ e’ li’ da qualche parte, in mezzo al frastuono…


Il presente testo è tratto dal sito Movimento Particellare di Massimiliano Scordamaglia.

mercoledì 28 luglio 2010

Onyrica - Marco Raimondo

R_stoned è online

R_stoned hey mark

VM allora

R_stoned 6 in zona stase?

VM becchiamoci, ai combinato cn tuo cugino?

R_stoned tutto ok t porto da lui vuole nuovi neurogame

hai scaricato?

VM ho le keywords

t aspetto

R_stoned ok

R_stoned è offline

La barra di trasferimento quasi completamente verde «manca poco e i file sono a posto» penso mentre mi stropiccio i capelli appena ossigenati, guardo lo schermo alla mia sinistra: "download completato" sfilo la presa USB «ancora buono ‘st'affare» e me l'infilo attorno al collo.

«Speriamo mi dia subito ‘ste cazzo d'Onyrica, non voglio stare in casa di suo cugino tre ore» penso irritato mentre scendo le scale

-Mark!- ecco Rikky

-ciao- lo saluto «chissà dove abita suo cugino» ma non chiedo nulla

-andiamo a piedi così passo da Moh a prendere l'erba, tanto mio cugino abita vicino alla stazione- dice Rikky

-a proposito d'erba fai ‘na cannetta mentre andiamo-

-non ho niente-

-affanculo!, lo so che ne hai ancora-

E' quasi buio oltre il giallo ozono ma per la strada il caldo non diminuisce, siamo arrivati davanti a casa di suo cugino tra i sibili elettrici dei treni mentre si accende qualche neon. Rikky butta il filtro e suona il campanello:

-Zia sono Rikky-

-sei arrivato presto, sali- sento dal videocitofono dallo schermo scheggiato

-ma tua zia è in casa?- chiedo sorpreso

-adesso escono, stiamo con mio cugino finchè tornano- «oddio adesso dobbiamo anche guardare suo cugino, che cagacazzo» penso e gli dico mentre saliamo in ascensore:

-io me ne vado appena mi dà l'Onyrica e gli passo i file-

-stai zitto coglione!- mi dice Rikky mentre schiaccia il tasto per l'undicesimo piano.

Entriamo nella stanza di suo cugino, è seduto su una sedia a rotelle elettronica davanti ad una postazione computerizzata, dallo schermo scenari di guerra inondano a intermittenza la stanza buia di rosse esplosioni ma solo il ritmico inspirare/espirare del suo respiratore fa da sottofondo, «mi innervosisce ‘sto rumore del cazzo» dagli elastici della sua mascherina che avvolgono i lati del suo cranio rasato sporge una rigida cresta di capelli neri, da dietro il suo orecchio destro pendono i cavetti del neurocontroller che insieme ai cavi del visore-rilevatore di movimento oculare arrivano alla presa nel frontalino del computer

-hey! Johnny- Rikky saluta suo cugino

-non lo sai che non ti sente da collegato, fatti vedere- Rikky allora si fa vedere e Johnny stoppa il neurogames cliccando il tasto sinistro del mouse, unico movimento di cui è capace

dalle casse una voce elettronica e acuta: -Siete arrivati era ora Mark dammi le keywords così registro i nuovi neurogames-

-non riesce a parlare col respiratore- mi dice Rikky -tra poco glielo tolgo- mi dice -Johnny le Onyrica?- gli chiede

-adesso prima gira una canna poi toglimi il respi- dalle casse, -ok cugi- gli risponde Rikky.

-Ecco le Onyrica lì nel comodino, dagliene dieci come d'accordo- dice Johnny a Rikky con la sua voce debole e aggiunge mentre Rikky mi mette in mano le pillole bianche una a una: -prendine al massimo due alla volta se fatichi ad addormentarti ‘che rischi coma o paralisi anche se comunque continuerai a sognare lucidamente per un po’-

Sono nella mia stanza impaziente di provare il sogno lucido, ingoio una pillola bianca mentre sullo schermo del computer un vecchio video su una guerra di fine millennio scorso inonda di rumore di granate e stupri la stanza, dalle finestre delle baracche deserto e polvere, polvere, me la sento in gola «sono davanti a uno schermo» penso, tra le mani un fucile «è solo un mouse sotto le mie dita» la paura e l'eccitazione alla vista dei corpi smembrati dei compagni rabbia il cuore batte all'impazzata quasi a scoppiare sporco di sangue entro in una baracca: in un angolo in penombra una donna tremante avvolta completamente in un mantello nero stringe a sè i suoi figli non posso impedirmi di tirare il grilletto, spari tra le urla e mentre mi avvicino improvvisa la certezza «sto sognando! posso vivere quello che voglio!»

smette di urlare e le strappo il velo, non sono più in una baracca...

Mi sveglio sul pavimento della mia stanza, il computer in stand-by, con un languido senso di soddisfazione «è una figata ‘st'Onyrica» penso, guardo l'ora lampeggiare sul muro «è passato pochissimo e ho vissuto anni di desideri repressi»

Lo speed brucia nel sangue, avvolto e trafitto da multicolori fasci di luci laser intermittenti al ritmo velocissimo di battiti elettronici di musica sintetica, che sembra rallentare con le figure in movimento attorno a me per poi accelerare, ingoio un'Onyrica e tutto si fa confuso sospeso nelle luci sento ancora la musica assordante, ne ingoio altre due perchè faccia effetto: pulsazioni ritmiche, cardiache e luce si fanno un'unica entità «voglio distinguere ogni singolo fotone che mi sfiora!» penso e in ogni particella come in un'infinità di monitor vedo ricordi «voglio viverli tutti contemporaneamente» penso e grido: -posso farlo! posso!-

Mi trovo sdraiato in un vicolo all'alba: un cielo mai visto senza strati d'ozono a nasconderlo «bellissimo» penso, faccio per alzarmi ma non riesco a muovermi «la paralisi» -sono paralizzato!- grido terrorizzato, guardo il cielo e lo vedo buio attorno a me centinaia di persone, grido ma passano indifferenti «è un'incubo» penso e nello sconforto mi viene in mente la tecnica del reality test e capisco di stare sognando.

-Mark- una voce mi chiama

-Mark, Mark svegliati!- Rikky è chino su di me

-che cazzo succede?- chiedo mettendomi a sedere

-coglione! quante cazzo ne hai prese?- mi dice -non riuscivamo a svegliarti pensavamo fossi in coma-

-mi ha salvato lo speed!- gli rispondo andandomene sotto il solito schifoso cielo di vomito.

Aerei supersonici ai limiti della stratosfera in ascese spaventose, Johnny pilota con semplici impulsi neurali i caccia in guerre immaginarie, sono qui per registrare il sogno su file audio-video.

Inserisco la presa neurale, indosso il visore come se stessi giocando a un neurogame, avvio la partita e ingoio qualche Onyrica -partiamo!- sono sul punto di oltrepassare la barriera del suono: la frantumo come vetro, m'avvolge un violaceo poi vitreo vento «voglio superare la velocità della luce!»

Volo, un tutt’uno con la consolle di comando, a velocità inimmaginabili il freddo ghiaccio contro la pelle delle mie ali, rabbrividisco di stelle, perforo l'atmosfera terrestre ma non riesco più a dirigere il pensiero: mi fondo con il buio illuminato d'astri, comprendo il tutto «comprendo il tutto!»

-controllagli il battito! subito, qui è tutto buio-

-è bassissimo, non respira più!-

-cazzo, cazzo! chiama qualcuno!-

Il vuoto intorno a me e in me «sono il buio», la luminescenza di una stella si fa suono «Marco, Marco puoi sentirci?»

«è un sogno»

«possiamo leggere ciò che pensi»

«...coma ... coma...» avvolto d'echi

«voglio svegliarmi! voglio svegliarmi!»

«staccatemi la fottuta spina!»

«non possiamo, ma puoi comunicare con l'esterno, sei ancora vivo!»

«no! no! nooo!»

Ma col tempo ho accettato tutto questo.

venerdì 23 luglio 2010

10 in 1

Il mercato è pieno di imitazioni – molte imitazioni non hanno nessun originale – il Limite rimane ciò che striscia nelle vene alla ricerca di spazio / la codifica ha ucciso il pugno, non ci resta che urlare / il furgone pieno di cazzate, partiamo verso la Distesa. Ghoul s’impegna a seppellire la merce, nubi di polvere si sollevano mentre lui continua convinto. “Sei sicuro di quello che stai facendo?” gli faccio io. “Tutto procede secondo l’ordine prestabilito – tutto ritorna – mi sentirei un folle se non sapessi che questo è solo un diverso modo di comprare – ecco, un aggeggio così ho sempre sognato d’averlo ma sai come vanno le cose ora è meglio seppellirlo non mi fare quella faccia da schiaffi non voglio dimenticare tutto questo – sei sempre stato un idiota – lo voglio solo seppellire” //// i barili del Tempo crollano c’è bisogno di molto più Tempo le mani non smettono mai di ravanare nelle tasche di un’ipotetica serenità – logorandola // NIENTE, le mani piene di niente, // al ritorno il furgone era più leggero ma ecco spuntare un manifesto – il crepuscolo si riversava sulla strada quand’ecco spuntare un manifesto indicante luogo ora data del solito onnipresente ritrovo di addendi umani – mi chiedo perché qualcuno si prenda la briga di scrivere locandine per un evento che dura da anni forse da sempre ovunque. “Voglio vedere che aria tira da queste parti”, e imbocca la strada che porta alla Somma. Ghoul è una palla al piede – passerà la notte a sommarsi agli altri addenti per poi svegliarsi nel fetore di schifo umano + birra. Decido di mollarlo – devo solo aspettare il momento / seduto al bancone mi faccio un bicchiere mentre Ghoul si lancia in quella pietosa commedia che è la Somma // Kether è una piccola luce rossa celata in ogni atomo // si fa tanto furbo e poi si butta in queste orge idiote, totalmente passivo come se nulla esistesse alle sue spalle – Ghoul ha rinnegato il proprio sistema endocrino molto tempo fa, ormai non è altro che un numero – lo osservo mentre perde i suoi connotati umani, codificato nell’aria con gli altri numeri – mi allontano col furgone la ventiquattrore sul sedile destro ho perso fin troppo tempo e non intendo perderne ancora / una foschia rosa avvolge la coscienza di una quercia secolare – nessuna quercia si candiderà mai alle elezioni – forse quelle più giovani – avessi duecento anni di meno non sprecherei tempo e fatica in un partito – fai quello che vuoi ma non venire a piangere da me /

“Prima di tutto, spero che lei si renda conto dell’importanza di ciò che sta facendo.

“Il Rapporto Malkuth è la nostra restituzione. Kether ha bisogno di feedback per avere senso”.

Schiusi la bocca per parlare ma venni subito interrotto. “Ha già provato a darle un’occhiata?”.

Aprii la ventiquattrore per prendere i fascicoli che componevano il Rapporto Malkuth, ma al loro posto trovai un minuscolo neonato con l’ittiosi di arlecchino – sembrava più morto che vivo ma i suoi occhi come gelatina rossa rivendicavano un diritto alla Pulsazione Universale scritto nel Cosmo in un’epoca antecedente alla comparsa della vita sulla Terra – aprii la ventiquattrore e saltai letteralmente sulla sedia – “Riconosca Kether – non c’è niente da cercare, bisogna prenderne coscienza e basta” – stavo per aprire la porta quando disse “non sta dimenticando niente?” mi girai e lo vidi all’impiedi sorridente che mi porgeva la ventiquattrore e il resto fu vertigine ///

Cercai Dorval ma Dorval non c’era e cambiai locale. In una squallida bettola riuscii a farmi indicare il posto in cui operava ora. Raggiunsi il Cinema Dorval – l’insegna al neon era guasta e si leggeva solo C NE DOR L – presi un biglietto e mi sedetti al mio posto / indecisione di un puntatore – finestre aperte e richiuse – cercare – soffermarsi sulle foto di una nuova amica in un social network / “entrare nel computer di una persona è il modo più semplice per accedere alla sua mente” mi aveva detto un giorno – Dorval che aveva costruito la propria filosofia sul furto, l’inguaribile guardone che gemeva pensando a ciò che aveva appena rubato – oggetti immagini ricordi pensieri, non è importante il tipo di furto ma il livello d’intimità del suo oggetto. L’avevo lasciato che mandava keylogger a 50 persone diverse al giorno leccandosi le labbra come a pregustare le informazioni di cui si sarebbe presto impossessato – eccolo ora seduto qualche poltrona più in là nella sala piccola e semideserta a godersi le immagini rubate a non si sa chi.

“E così hai messo in piedi un locale tutto tuo, eh vecchio?”. Dorval non mi riconobbe subito – un lampo di preoccupazione lo attraversò per un istante e svanì lasciando il posto ad un sorriso di circostanza. “Mi devi ancora un favore” aggiunsi in fretta prima che potesse anche solo azzardare un saluto. “Ok ma non piantiamo casino seguimi di là e ne parliamo con calma” – la stanza è illuminata da una fioca luce rossa – “Ho bisogno di informazioni su Kether”. Dorval mi guardò stupito e cominciò a ridacchiare. “Niente di più semplice, dammi un attimo” – mi porse una chiavetta USB assolutamente anonima – i lineamenti si contrassero leggermente nel dubbio e mi chiese “è lì dentro il Rapporto Malkuth?” – aprii la borsa – una nube verdastra offuscò la stanza mentre dalla ventiquattrore iniziò a zampillare benzina – son cose della vita – mi allontanai dal cinema in fiamme fumando una sigaretta – ci sono almeno mille possibili spiegazioni per un incendio, una più probabile dell’altra – non si può essere parassiti in eterno e questo è solo uno dei probabili motivi per cui quella notte Dorval bruciò – venne rimpiazzato dopo pochi giorni e l’Equilibrio rimase inalterato – sentii Malkuth pulsare sul sedile del furgone, ormai manca poco.

Inserii la chiavetta con poche speranze – lo schermo divenne uno specchio – lo specchio divenne luce e poi buio e tornò ad essere uno specchio – informazioni criptate iniziarono a scorrere freneticamente – non si tratta di un codice ma di personalità numeriche sbocciate dalla Negazione e fiorite nelle mie vene un ciclo coscientemente randomizzato al punto che “random” non significa più niente vedo l’1 condensarsi nel 10 il DNA che non ha un senso se non si concretizza nei viventi riconosco ricordo il Tempo è una psicosi ma ora so cosa fare

il mondo a portata di brivido - mi sto travestendo per scivolare nelle arterie del temporale ogni mia fibra tesa in uno spasmo molla sovraeccitata come un'enorme massa elastica che vibra a contatto col Respiro / un tappeto di anime disidratate - la mia pelle si ossida e lascia spazio al colore dell'Inferno
cosciente del rischio di seccarmi sul letto se solo le mie palpebre si chiuderanno e ciò che ho raccolto rimarrà sconosciuto - catturare immagini fissarle nel tempo per non soffocare - il potere delle singole parole farà impazzire chiunque sia dotato di un efficace sistema di decodifica / nuove agnosie fioriscono sulla mia fronte / credete davvero che si possa essere in grado di salutare il proprio tracciato? con una mano vi terrete aggrappati al Salvabile mentre vi rassegnerete a fare i conti col Vuoto

il senso del Silenzio

misurare il Vuoto

sentirne il peso con gli occhi

tornare a Kether incandescente

21000 hertz

distanze attive

luce da ogni atomo

la ventiquattrore si apre dolcemente cullata dal battito cardiaco del Cosmo

Kether in Malkuth, Malkuth in Kether – non poteva essere altrimenti.

martedì 20 luglio 2010

resurrHertzione

"resurrHertzione" è il titolo dell'ultima spirale di rumori targata pain in the ass.
Ad accompagnare la vertiginosa scalata di frequenze, troviamo queste tavole ottenute da esperimenti di testografia applicata agli spettrogrammi.
L'intero lavoro è scaricabile gratuitamente al seguente link.

lunedì 14 giugno 2010

il mondo a portata di brivido
mi sto travestendo per scivolare nelle arterie del temporale
ogni mia fibra tesa in uno spasmo
molla sovraeccitata
come un'enorme massa elastica che vibra a contatto col Respiro
_____________
un tappeto di anime disidratate
la mia pelle si ossida e lascia spazio al colore dell'Inferno
cosciente del rischio di seccarmi sul letto
se solo le mie palpebre si chiuderanno
e ciò che ho raccolto rimarrà sconosciuto
_____________
catturare immagini
fissarle nel tempo per non soffocare
il potere delle singole parole farà impazzire chiunque sia dotato di un efficace sistema di decodifica
nuove agnosie fioriscono sulla mia fronte
_____________
credete davvero che si possa essere in grado di salutare il proprio tracciato?
con una mano vi terrete aggrappati al Salvabile
mentre vi rassegnerete a fare i conti col Vuoto

venerdì 23 aprile 2010

Il Verbale

Senza tante pretese, circa due anni fa, mi ritrovai ad annotare frammenti di ciò che percepivo, senza pensare a dargli una coerenza. Una di quelle sere, dopo un piccolo incidente a bordo della buonanima di questa macchina, dovetti constatare di avere non poche difficoltà a descrivere ai carabinieri cos'era successo; l'impatto sembrava essere uscito direttamente dalla mia testa, lo si poteva respirare nell'aria nei giorni precedenti, avrei continuato a sentirlo nei giorni successivi. La descrizione veritiera che pretendono carabinieri e assicurazioni non è certo in grado di esorcizzare tutto ciò che si accumula con un sinistro. Mi ritrovai così a raccogliere i piccoli frammenti antecedenti all'incidente, alla luce di ciò che era successo dopo.

Ne uscì un piccolo scritto, niente di eccezionale, ma per me rimane un importante documento, l'unica vera fotografia di quei giorni. Lo trovate qui.

sabato 17 aprile 2010

Nudisability: impressionante body-scape

Le mie superfici corporee -compenetrazioni asimmetriche di piani appuntiti e masse curvilinee- formano un fragile e desolato land-scape.

Voglio, con la pubblicazione di questi scatti, celebrare la diversa "perfezione" del mio corpo senza altre superflue parole invito tutti ad esaltare la propria unicità senza mortificarsi nell'omologazione!

venerdì 2 aprile 2010

senza titolo #1

Un secolo di pittura a cercare di fissare il movimento su una tela.

Ma ora come ora, chiunque può raggiungere risultati suggestivi. Io ho usato smalto su vinile, ma si possono usare infinite tecniche (ne ho scelta una semplice e alla portata di tutti); se vi piace, non aspettate di vedere queste cose in una mostra (ne avreste da aspettare...ih ih), fate, fate, FATE, perchè in fondo le buone idee non necessitano sempre di una tecnica raffinata. Boccioni era un grande pittore, ma se avesse lanciato in aria uno dei suoi dipinti, avrebbe raggiunto un livello che oserei definire di perfezione.

Verso un avanguardismo di massa!

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sabato 27 marzo 2010

Banconote intelligenti

Il concetto è semplice, così semplice e così breve che potrebbe essere scritto...su una banconota.
Se su ogni banconota che ci passa tra le mani ci fosse un concetto, una provocazione o una riflessione, ora non saremmo tutti più intelligenti?

venerdì 26 marzo 2010

VacuitÁcquee - Marco Raimondo

In questo poema ipertestuale ho voluto esprimere la forte analogia tra la discesa agli abissi marini e l'ascesa allo spazio cosmico, le profondità marine con le loro costellazioni viventi sono speculari all'universo.

Marco Raimondo

Sospese nel liquido buio immobile -preme enormemente- rilevate da interferenze soniche le brulicanti biosuperfici d'un Deep-scattering-layer spezzano sinuosamente le -prossime agli 0° C-

vacuitÁcquee

Ascendere ad immense profondità, tra costellazioni abissali:

Myctophidae: successioni di stelle-fotofori,

bianco-azzurre bioluminescenze incastonate in

-fragilmente iridescenti-

pallidi corpi scattanti

pulsare in lontananza d'una nana rossa Atolla wivillei:

bagliore intermittente attorniato di filamenti fluttuanti

Saccopharyngus -predatori buco nero-

viscide sacche flagellate

dilatano avvolgendo in guaine prede celesti

Chauliodus sloani caverna, dall'abbagliante apertura,

rivestita da finemente appuntite stalattiti

Vitreastica perforazione

flash bluastri di tentacoli

Aculeato mantello, danzante tendaggio-membrana, d'un Vampyroteutis infernalis

cala il sipario

risalire a tuffarsi contro la superficie del cielo

lunedì 22 marzo 2010

Terza vita

Ho cominciato la mia terza vita l'altro ieri, il primo giorno di primavera, alle 4 del mattino.
Corsa verso casa, asfalto bagnato, ruote lisce. Superato un piccolo cimitero, mi ritrovo a slittare verso il fosso sulla mia destra; seguono tre sterzate, una tutta a sinistra, poi di nuovo a destra, chiudendo poi con un testacoda. La macchina va troppo veloce per fermarsi in tempo, e va a schiantarsi lateralmente nel fosso che prima era alla mia sinistra.
Non ho ancora afferrato la durata di alcuni pensieri. Se non avessi avuto i riflessi pronti, mentre slittavo, sarei finito frontalmente nel fosso a destra, invece son riuscito a fare il possibile per rimettermi sulla mia carreggiata. Il corpo è più brillante di quanto crediamo. Il momento dell'impatto, invece, l'ho realizzato con un ritardo che mi azzarderei a inquadrare tra uno o due decimi di secondo, forse meno. Un susseguirsi di pensieri tra i più vari mi ha affollato la mente in brevissimo tempo, meno di un secondo.
E' successo davvero?
Sono vivo?
Avrò danni permanenti?
Posso aprire la portiera?
Sì, posso aprire la portiera. Mi giro una sigaretta e cerco di chiamare i miei; nel mentre mi pento di non avere con me la mia macchina fotografica.

La macchina giace inclinata lateralmente nel fosso; non mi son reso conto di quanto fosse viva finchè non l'ho vista distrutta. La mia seconda vita se n'è andata con lei. Ok, era una macchina vecchia, scomoda e proprio per questo pericolosa. Brutta, come tutte le utilitarie italiane. Una Uno. E prima di andarsene, mi ha dato tutto quello che poteva darmi, in pochi attimi. Lì, nel fosso, è la cosa più suggestiva che abbia mai visto.

Lunedì -oggi- esco con la consapevolezza di essere un sopravvissuto in borghese. Il collare mi aiuta a ricordarmi chi sono, perchè ogni incidente, di ogni tipo, qualche segno lo lascia sempre.
L'essenza della mia Uno è ora un mandala che sprigiona energia dalla mia cervicale.

Colmo dei colmi, mi rendo conto che tutti, intorno a me, hanno un'aria ammaccata.