ARTE CERVICALE
- inno alla vita -

pain in the ass - resurrHertzione

Old-Media Soundtrack - Colonna Sonora per Documentari Aleatori

mercoledì 28 luglio 2010

Onyrica - Marco Raimondo

R_stoned è online

R_stoned hey mark

VM allora

R_stoned 6 in zona stase?

VM becchiamoci, ai combinato cn tuo cugino?

R_stoned tutto ok t porto da lui vuole nuovi neurogame

hai scaricato?

VM ho le keywords

t aspetto

R_stoned ok

R_stoned è offline

La barra di trasferimento quasi completamente verde «manca poco e i file sono a posto» penso mentre mi stropiccio i capelli appena ossigenati, guardo lo schermo alla mia sinistra: "download completato" sfilo la presa USB «ancora buono ‘st'affare» e me l'infilo attorno al collo.

«Speriamo mi dia subito ‘ste cazzo d'Onyrica, non voglio stare in casa di suo cugino tre ore» penso irritato mentre scendo le scale

-Mark!- ecco Rikky

-ciao- lo saluto «chissà dove abita suo cugino» ma non chiedo nulla

-andiamo a piedi così passo da Moh a prendere l'erba, tanto mio cugino abita vicino alla stazione- dice Rikky

-a proposito d'erba fai ‘na cannetta mentre andiamo-

-non ho niente-

-affanculo!, lo so che ne hai ancora-

E' quasi buio oltre il giallo ozono ma per la strada il caldo non diminuisce, siamo arrivati davanti a casa di suo cugino tra i sibili elettrici dei treni mentre si accende qualche neon. Rikky butta il filtro e suona il campanello:

-Zia sono Rikky-

-sei arrivato presto, sali- sento dal videocitofono dallo schermo scheggiato

-ma tua zia è in casa?- chiedo sorpreso

-adesso escono, stiamo con mio cugino finchè tornano- «oddio adesso dobbiamo anche guardare suo cugino, che cagacazzo» penso e gli dico mentre saliamo in ascensore:

-io me ne vado appena mi dà l'Onyrica e gli passo i file-

-stai zitto coglione!- mi dice Rikky mentre schiaccia il tasto per l'undicesimo piano.

Entriamo nella stanza di suo cugino, è seduto su una sedia a rotelle elettronica davanti ad una postazione computerizzata, dallo schermo scenari di guerra inondano a intermittenza la stanza buia di rosse esplosioni ma solo il ritmico inspirare/espirare del suo respiratore fa da sottofondo, «mi innervosisce ‘sto rumore del cazzo» dagli elastici della sua mascherina che avvolgono i lati del suo cranio rasato sporge una rigida cresta di capelli neri, da dietro il suo orecchio destro pendono i cavetti del neurocontroller che insieme ai cavi del visore-rilevatore di movimento oculare arrivano alla presa nel frontalino del computer

-hey! Johnny- Rikky saluta suo cugino

-non lo sai che non ti sente da collegato, fatti vedere- Rikky allora si fa vedere e Johnny stoppa il neurogames cliccando il tasto sinistro del mouse, unico movimento di cui è capace

dalle casse una voce elettronica e acuta: -Siete arrivati era ora Mark dammi le keywords così registro i nuovi neurogames-

-non riesce a parlare col respiratore- mi dice Rikky -tra poco glielo tolgo- mi dice -Johnny le Onyrica?- gli chiede

-adesso prima gira una canna poi toglimi il respi- dalle casse, -ok cugi- gli risponde Rikky.

-Ecco le Onyrica lì nel comodino, dagliene dieci come d'accordo- dice Johnny a Rikky con la sua voce debole e aggiunge mentre Rikky mi mette in mano le pillole bianche una a una: -prendine al massimo due alla volta se fatichi ad addormentarti ‘che rischi coma o paralisi anche se comunque continuerai a sognare lucidamente per un po’-

Sono nella mia stanza impaziente di provare il sogno lucido, ingoio una pillola bianca mentre sullo schermo del computer un vecchio video su una guerra di fine millennio scorso inonda di rumore di granate e stupri la stanza, dalle finestre delle baracche deserto e polvere, polvere, me la sento in gola «sono davanti a uno schermo» penso, tra le mani un fucile «è solo un mouse sotto le mie dita» la paura e l'eccitazione alla vista dei corpi smembrati dei compagni rabbia il cuore batte all'impazzata quasi a scoppiare sporco di sangue entro in una baracca: in un angolo in penombra una donna tremante avvolta completamente in un mantello nero stringe a sè i suoi figli non posso impedirmi di tirare il grilletto, spari tra le urla e mentre mi avvicino improvvisa la certezza «sto sognando! posso vivere quello che voglio!»

smette di urlare e le strappo il velo, non sono più in una baracca...

Mi sveglio sul pavimento della mia stanza, il computer in stand-by, con un languido senso di soddisfazione «è una figata ‘st'Onyrica» penso, guardo l'ora lampeggiare sul muro «è passato pochissimo e ho vissuto anni di desideri repressi»

Lo speed brucia nel sangue, avvolto e trafitto da multicolori fasci di luci laser intermittenti al ritmo velocissimo di battiti elettronici di musica sintetica, che sembra rallentare con le figure in movimento attorno a me per poi accelerare, ingoio un'Onyrica e tutto si fa confuso sospeso nelle luci sento ancora la musica assordante, ne ingoio altre due perchè faccia effetto: pulsazioni ritmiche, cardiache e luce si fanno un'unica entità «voglio distinguere ogni singolo fotone che mi sfiora!» penso e in ogni particella come in un'infinità di monitor vedo ricordi «voglio viverli tutti contemporaneamente» penso e grido: -posso farlo! posso!-

Mi trovo sdraiato in un vicolo all'alba: un cielo mai visto senza strati d'ozono a nasconderlo «bellissimo» penso, faccio per alzarmi ma non riesco a muovermi «la paralisi» -sono paralizzato!- grido terrorizzato, guardo il cielo e lo vedo buio attorno a me centinaia di persone, grido ma passano indifferenti «è un'incubo» penso e nello sconforto mi viene in mente la tecnica del reality test e capisco di stare sognando.

-Mark- una voce mi chiama

-Mark, Mark svegliati!- Rikky è chino su di me

-che cazzo succede?- chiedo mettendomi a sedere

-coglione! quante cazzo ne hai prese?- mi dice -non riuscivamo a svegliarti pensavamo fossi in coma-

-mi ha salvato lo speed!- gli rispondo andandomene sotto il solito schifoso cielo di vomito.

Aerei supersonici ai limiti della stratosfera in ascese spaventose, Johnny pilota con semplici impulsi neurali i caccia in guerre immaginarie, sono qui per registrare il sogno su file audio-video.

Inserisco la presa neurale, indosso il visore come se stessi giocando a un neurogame, avvio la partita e ingoio qualche Onyrica -partiamo!- sono sul punto di oltrepassare la barriera del suono: la frantumo come vetro, m'avvolge un violaceo poi vitreo vento «voglio superare la velocità della luce!»

Volo, un tutt’uno con la consolle di comando, a velocità inimmaginabili il freddo ghiaccio contro la pelle delle mie ali, rabbrividisco di stelle, perforo l'atmosfera terrestre ma non riesco più a dirigere il pensiero: mi fondo con il buio illuminato d'astri, comprendo il tutto «comprendo il tutto!»

-controllagli il battito! subito, qui è tutto buio-

-è bassissimo, non respira più!-

-cazzo, cazzo! chiama qualcuno!-

Il vuoto intorno a me e in me «sono il buio», la luminescenza di una stella si fa suono «Marco, Marco puoi sentirci?»

«è un sogno»

«possiamo leggere ciò che pensi»

«...coma ... coma...» avvolto d'echi

«voglio svegliarmi! voglio svegliarmi!»

«staccatemi la fottuta spina!»

«non possiamo, ma puoi comunicare con l'esterno, sei ancora vivo!»

«no! no! nooo!»

Ma col tempo ho accettato tutto questo.

venerdì 23 luglio 2010

10 in 1

Il mercato è pieno di imitazioni – molte imitazioni non hanno nessun originale – il Limite rimane ciò che striscia nelle vene alla ricerca di spazio / la codifica ha ucciso il pugno, non ci resta che urlare / il furgone pieno di cazzate, partiamo verso la Distesa. Ghoul s’impegna a seppellire la merce, nubi di polvere si sollevano mentre lui continua convinto. “Sei sicuro di quello che stai facendo?” gli faccio io. “Tutto procede secondo l’ordine prestabilito – tutto ritorna – mi sentirei un folle se non sapessi che questo è solo un diverso modo di comprare – ecco, un aggeggio così ho sempre sognato d’averlo ma sai come vanno le cose ora è meglio seppellirlo non mi fare quella faccia da schiaffi non voglio dimenticare tutto questo – sei sempre stato un idiota – lo voglio solo seppellire” //// i barili del Tempo crollano c’è bisogno di molto più Tempo le mani non smettono mai di ravanare nelle tasche di un’ipotetica serenità – logorandola // NIENTE, le mani piene di niente, // al ritorno il furgone era più leggero ma ecco spuntare un manifesto – il crepuscolo si riversava sulla strada quand’ecco spuntare un manifesto indicante luogo ora data del solito onnipresente ritrovo di addendi umani – mi chiedo perché qualcuno si prenda la briga di scrivere locandine per un evento che dura da anni forse da sempre ovunque. “Voglio vedere che aria tira da queste parti”, e imbocca la strada che porta alla Somma. Ghoul è una palla al piede – passerà la notte a sommarsi agli altri addenti per poi svegliarsi nel fetore di schifo umano + birra. Decido di mollarlo – devo solo aspettare il momento / seduto al bancone mi faccio un bicchiere mentre Ghoul si lancia in quella pietosa commedia che è la Somma // Kether è una piccola luce rossa celata in ogni atomo // si fa tanto furbo e poi si butta in queste orge idiote, totalmente passivo come se nulla esistesse alle sue spalle – Ghoul ha rinnegato il proprio sistema endocrino molto tempo fa, ormai non è altro che un numero – lo osservo mentre perde i suoi connotati umani, codificato nell’aria con gli altri numeri – mi allontano col furgone la ventiquattrore sul sedile destro ho perso fin troppo tempo e non intendo perderne ancora / una foschia rosa avvolge la coscienza di una quercia secolare – nessuna quercia si candiderà mai alle elezioni – forse quelle più giovani – avessi duecento anni di meno non sprecherei tempo e fatica in un partito – fai quello che vuoi ma non venire a piangere da me /

“Prima di tutto, spero che lei si renda conto dell’importanza di ciò che sta facendo.

“Il Rapporto Malkuth è la nostra restituzione. Kether ha bisogno di feedback per avere senso”.

Schiusi la bocca per parlare ma venni subito interrotto. “Ha già provato a darle un’occhiata?”.

Aprii la ventiquattrore per prendere i fascicoli che componevano il Rapporto Malkuth, ma al loro posto trovai un minuscolo neonato con l’ittiosi di arlecchino – sembrava più morto che vivo ma i suoi occhi come gelatina rossa rivendicavano un diritto alla Pulsazione Universale scritto nel Cosmo in un’epoca antecedente alla comparsa della vita sulla Terra – aprii la ventiquattrore e saltai letteralmente sulla sedia – “Riconosca Kether – non c’è niente da cercare, bisogna prenderne coscienza e basta” – stavo per aprire la porta quando disse “non sta dimenticando niente?” mi girai e lo vidi all’impiedi sorridente che mi porgeva la ventiquattrore e il resto fu vertigine ///

Cercai Dorval ma Dorval non c’era e cambiai locale. In una squallida bettola riuscii a farmi indicare il posto in cui operava ora. Raggiunsi il Cinema Dorval – l’insegna al neon era guasta e si leggeva solo C NE DOR L – presi un biglietto e mi sedetti al mio posto / indecisione di un puntatore – finestre aperte e richiuse – cercare – soffermarsi sulle foto di una nuova amica in un social network / “entrare nel computer di una persona è il modo più semplice per accedere alla sua mente” mi aveva detto un giorno – Dorval che aveva costruito la propria filosofia sul furto, l’inguaribile guardone che gemeva pensando a ciò che aveva appena rubato – oggetti immagini ricordi pensieri, non è importante il tipo di furto ma il livello d’intimità del suo oggetto. L’avevo lasciato che mandava keylogger a 50 persone diverse al giorno leccandosi le labbra come a pregustare le informazioni di cui si sarebbe presto impossessato – eccolo ora seduto qualche poltrona più in là nella sala piccola e semideserta a godersi le immagini rubate a non si sa chi.

“E così hai messo in piedi un locale tutto tuo, eh vecchio?”. Dorval non mi riconobbe subito – un lampo di preoccupazione lo attraversò per un istante e svanì lasciando il posto ad un sorriso di circostanza. “Mi devi ancora un favore” aggiunsi in fretta prima che potesse anche solo azzardare un saluto. “Ok ma non piantiamo casino seguimi di là e ne parliamo con calma” – la stanza è illuminata da una fioca luce rossa – “Ho bisogno di informazioni su Kether”. Dorval mi guardò stupito e cominciò a ridacchiare. “Niente di più semplice, dammi un attimo” – mi porse una chiavetta USB assolutamente anonima – i lineamenti si contrassero leggermente nel dubbio e mi chiese “è lì dentro il Rapporto Malkuth?” – aprii la borsa – una nube verdastra offuscò la stanza mentre dalla ventiquattrore iniziò a zampillare benzina – son cose della vita – mi allontanai dal cinema in fiamme fumando una sigaretta – ci sono almeno mille possibili spiegazioni per un incendio, una più probabile dell’altra – non si può essere parassiti in eterno e questo è solo uno dei probabili motivi per cui quella notte Dorval bruciò – venne rimpiazzato dopo pochi giorni e l’Equilibrio rimase inalterato – sentii Malkuth pulsare sul sedile del furgone, ormai manca poco.

Inserii la chiavetta con poche speranze – lo schermo divenne uno specchio – lo specchio divenne luce e poi buio e tornò ad essere uno specchio – informazioni criptate iniziarono a scorrere freneticamente – non si tratta di un codice ma di personalità numeriche sbocciate dalla Negazione e fiorite nelle mie vene un ciclo coscientemente randomizzato al punto che “random” non significa più niente vedo l’1 condensarsi nel 10 il DNA che non ha un senso se non si concretizza nei viventi riconosco ricordo il Tempo è una psicosi ma ora so cosa fare

il mondo a portata di brivido - mi sto travestendo per scivolare nelle arterie del temporale ogni mia fibra tesa in uno spasmo molla sovraeccitata come un'enorme massa elastica che vibra a contatto col Respiro / un tappeto di anime disidratate - la mia pelle si ossida e lascia spazio al colore dell'Inferno
cosciente del rischio di seccarmi sul letto se solo le mie palpebre si chiuderanno e ciò che ho raccolto rimarrà sconosciuto - catturare immagini fissarle nel tempo per non soffocare - il potere delle singole parole farà impazzire chiunque sia dotato di un efficace sistema di decodifica / nuove agnosie fioriscono sulla mia fronte / credete davvero che si possa essere in grado di salutare il proprio tracciato? con una mano vi terrete aggrappati al Salvabile mentre vi rassegnerete a fare i conti col Vuoto

il senso del Silenzio

misurare il Vuoto

sentirne il peso con gli occhi

tornare a Kether incandescente

21000 hertz

distanze attive

luce da ogni atomo

la ventiquattrore si apre dolcemente cullata dal battito cardiaco del Cosmo

Kether in Malkuth, Malkuth in Kether – non poteva essere altrimenti.

martedì 20 luglio 2010

resurrHertzione

"resurrHertzione" è il titolo dell'ultima spirale di rumori targata pain in the ass.
Ad accompagnare la vertiginosa scalata di frequenze, troviamo queste tavole ottenute da esperimenti di testografia applicata agli spettrogrammi.
L'intero lavoro è scaricabile gratuitamente al seguente link.