ARTE CERVICALE
- inno alla vita -

pain in the ass - resurrHertzione

Old-Media Soundtrack - Colonna Sonora per Documentari Aleatori

venerdì 23 luglio 2010

10 in 1

Il mercato è pieno di imitazioni – molte imitazioni non hanno nessun originale – il Limite rimane ciò che striscia nelle vene alla ricerca di spazio / la codifica ha ucciso il pugno, non ci resta che urlare / il furgone pieno di cazzate, partiamo verso la Distesa. Ghoul s’impegna a seppellire la merce, nubi di polvere si sollevano mentre lui continua convinto. “Sei sicuro di quello che stai facendo?” gli faccio io. “Tutto procede secondo l’ordine prestabilito – tutto ritorna – mi sentirei un folle se non sapessi che questo è solo un diverso modo di comprare – ecco, un aggeggio così ho sempre sognato d’averlo ma sai come vanno le cose ora è meglio seppellirlo non mi fare quella faccia da schiaffi non voglio dimenticare tutto questo – sei sempre stato un idiota – lo voglio solo seppellire” //// i barili del Tempo crollano c’è bisogno di molto più Tempo le mani non smettono mai di ravanare nelle tasche di un’ipotetica serenità – logorandola // NIENTE, le mani piene di niente, // al ritorno il furgone era più leggero ma ecco spuntare un manifesto – il crepuscolo si riversava sulla strada quand’ecco spuntare un manifesto indicante luogo ora data del solito onnipresente ritrovo di addendi umani – mi chiedo perché qualcuno si prenda la briga di scrivere locandine per un evento che dura da anni forse da sempre ovunque. “Voglio vedere che aria tira da queste parti”, e imbocca la strada che porta alla Somma. Ghoul è una palla al piede – passerà la notte a sommarsi agli altri addenti per poi svegliarsi nel fetore di schifo umano + birra. Decido di mollarlo – devo solo aspettare il momento / seduto al bancone mi faccio un bicchiere mentre Ghoul si lancia in quella pietosa commedia che è la Somma // Kether è una piccola luce rossa celata in ogni atomo // si fa tanto furbo e poi si butta in queste orge idiote, totalmente passivo come se nulla esistesse alle sue spalle – Ghoul ha rinnegato il proprio sistema endocrino molto tempo fa, ormai non è altro che un numero – lo osservo mentre perde i suoi connotati umani, codificato nell’aria con gli altri numeri – mi allontano col furgone la ventiquattrore sul sedile destro ho perso fin troppo tempo e non intendo perderne ancora / una foschia rosa avvolge la coscienza di una quercia secolare – nessuna quercia si candiderà mai alle elezioni – forse quelle più giovani – avessi duecento anni di meno non sprecherei tempo e fatica in un partito – fai quello che vuoi ma non venire a piangere da me /

“Prima di tutto, spero che lei si renda conto dell’importanza di ciò che sta facendo.

“Il Rapporto Malkuth è la nostra restituzione. Kether ha bisogno di feedback per avere senso”.

Schiusi la bocca per parlare ma venni subito interrotto. “Ha già provato a darle un’occhiata?”.

Aprii la ventiquattrore per prendere i fascicoli che componevano il Rapporto Malkuth, ma al loro posto trovai un minuscolo neonato con l’ittiosi di arlecchino – sembrava più morto che vivo ma i suoi occhi come gelatina rossa rivendicavano un diritto alla Pulsazione Universale scritto nel Cosmo in un’epoca antecedente alla comparsa della vita sulla Terra – aprii la ventiquattrore e saltai letteralmente sulla sedia – “Riconosca Kether – non c’è niente da cercare, bisogna prenderne coscienza e basta” – stavo per aprire la porta quando disse “non sta dimenticando niente?” mi girai e lo vidi all’impiedi sorridente che mi porgeva la ventiquattrore e il resto fu vertigine ///

Cercai Dorval ma Dorval non c’era e cambiai locale. In una squallida bettola riuscii a farmi indicare il posto in cui operava ora. Raggiunsi il Cinema Dorval – l’insegna al neon era guasta e si leggeva solo C NE DOR L – presi un biglietto e mi sedetti al mio posto / indecisione di un puntatore – finestre aperte e richiuse – cercare – soffermarsi sulle foto di una nuova amica in un social network / “entrare nel computer di una persona è il modo più semplice per accedere alla sua mente” mi aveva detto un giorno – Dorval che aveva costruito la propria filosofia sul furto, l’inguaribile guardone che gemeva pensando a ciò che aveva appena rubato – oggetti immagini ricordi pensieri, non è importante il tipo di furto ma il livello d’intimità del suo oggetto. L’avevo lasciato che mandava keylogger a 50 persone diverse al giorno leccandosi le labbra come a pregustare le informazioni di cui si sarebbe presto impossessato – eccolo ora seduto qualche poltrona più in là nella sala piccola e semideserta a godersi le immagini rubate a non si sa chi.

“E così hai messo in piedi un locale tutto tuo, eh vecchio?”. Dorval non mi riconobbe subito – un lampo di preoccupazione lo attraversò per un istante e svanì lasciando il posto ad un sorriso di circostanza. “Mi devi ancora un favore” aggiunsi in fretta prima che potesse anche solo azzardare un saluto. “Ok ma non piantiamo casino seguimi di là e ne parliamo con calma” – la stanza è illuminata da una fioca luce rossa – “Ho bisogno di informazioni su Kether”. Dorval mi guardò stupito e cominciò a ridacchiare. “Niente di più semplice, dammi un attimo” – mi porse una chiavetta USB assolutamente anonima – i lineamenti si contrassero leggermente nel dubbio e mi chiese “è lì dentro il Rapporto Malkuth?” – aprii la borsa – una nube verdastra offuscò la stanza mentre dalla ventiquattrore iniziò a zampillare benzina – son cose della vita – mi allontanai dal cinema in fiamme fumando una sigaretta – ci sono almeno mille possibili spiegazioni per un incendio, una più probabile dell’altra – non si può essere parassiti in eterno e questo è solo uno dei probabili motivi per cui quella notte Dorval bruciò – venne rimpiazzato dopo pochi giorni e l’Equilibrio rimase inalterato – sentii Malkuth pulsare sul sedile del furgone, ormai manca poco.

Inserii la chiavetta con poche speranze – lo schermo divenne uno specchio – lo specchio divenne luce e poi buio e tornò ad essere uno specchio – informazioni criptate iniziarono a scorrere freneticamente – non si tratta di un codice ma di personalità numeriche sbocciate dalla Negazione e fiorite nelle mie vene un ciclo coscientemente randomizzato al punto che “random” non significa più niente vedo l’1 condensarsi nel 10 il DNA che non ha un senso se non si concretizza nei viventi riconosco ricordo il Tempo è una psicosi ma ora so cosa fare

il mondo a portata di brivido - mi sto travestendo per scivolare nelle arterie del temporale ogni mia fibra tesa in uno spasmo molla sovraeccitata come un'enorme massa elastica che vibra a contatto col Respiro / un tappeto di anime disidratate - la mia pelle si ossida e lascia spazio al colore dell'Inferno
cosciente del rischio di seccarmi sul letto se solo le mie palpebre si chiuderanno e ciò che ho raccolto rimarrà sconosciuto - catturare immagini fissarle nel tempo per non soffocare - il potere delle singole parole farà impazzire chiunque sia dotato di un efficace sistema di decodifica / nuove agnosie fioriscono sulla mia fronte / credete davvero che si possa essere in grado di salutare il proprio tracciato? con una mano vi terrete aggrappati al Salvabile mentre vi rassegnerete a fare i conti col Vuoto

il senso del Silenzio

misurare il Vuoto

sentirne il peso con gli occhi

tornare a Kether incandescente

21000 hertz

distanze attive

luce da ogni atomo

la ventiquattrore si apre dolcemente cullata dal battito cardiaco del Cosmo

Kether in Malkuth, Malkuth in Kether – non poteva essere altrimenti.

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