La Grande Madre si mise a ronzare. Pochi minuti, e sarebbe venuta nella tazzina da caffè.
Inizialmente, Pix credeva di essersi semplicemente illuso, sembrava irreale che così tanti invisibili embrioni si potessero riunire in una tazzina, come se Dio li avesse invitati ad un importante convegno. Ma ormai Pix lo sapeva. Ne prese coscienza non appena iniziarono i sogni.
Alcuni si chiedono se gli snuff movies siano mai realmente esistiti; l’opinione dominante, rimane quella che siano soltanto una leggenda - una fiaba partorita per alimentare la fantasia di menti ossessionate da qualcosa, da una visione pornografica della vita o, più banalmente, dalla morte.
La Grande Madre ne era l’antitesi. Nessuno ne sapeva nulla, a parte chi le commerciava e chi le possedeva. Chiunque ne veniva a conoscenza finiva per averne una - non si parla della Grande Madre a chiunque. I trafficanti che rientravano nell’elite di chi poteva diffonderne il Culto, sviluppavano una sorta d’intuito infallibile sui potenziali acquirenti.
Il giorno che Pix si recò alla ricerca di qualcosa da farsi all’istante, all’Uomo bastò uno sguardo per capire ciò che realmente desiderava.
Trattative troppo veloci per essere comprese davvero.
Desiderio di tornare in dietro.
Poi una prova, e la delusione che ne conseguì.
Poi il sogno.
Un sogno che era milioni di vite compresse in brevi istanti. Confusione di ricordi in una macromemoria impazzita; scalare il cielo bruciando identità…
Al mattino si sentiva alto tre metri; guardando alla finestra, gli sembrò che il Sole fosse sorto per lui, e fischietto un motivetto idiota.
Ogni persona che si avvicina agli stupefacenti finisce, entro breve, per sentirsi superiore a chi non ne fa uso; ovviamente sono in pochi ad ammettere questa propria visione sull’argomento. Pix, che già viveva in solitudine, sentì crescere la sua misantropia ora dopo ora, settimana dopo settimana. La coscienza di essere responsabile di un numero inverosimile di morti aveva generato una sorta di euforia che lo portava alla derisione di chiunque vedesse.
Non si pose mai domande su quanti potessero godere del suo stesso privilegio. Le ricariche di spermatozoi e ovuli congelati, pronte per essere inserite nella Grande Madre, sembravano dover durare ancora per molto.
Così non ci furono problemi finché non ricomparve l’Uomo.
Riconobbe la sua utilitaria grigia dall’ammaccatura sulla portiera. Dall’alto del suo appartamento, Pix non sapeva come comportarsi; scese solo quando fu certo che, in alternativa, sarebbe salito lui.
L’Uomo sostava esattamente davanti al suo portone; quando vide Pix, scese dall’auto con estrema naturalezza.
- Torna su, e prendi la macchina.
Il tono di voce non era minaccioso, eppure Pix sapeva di non avere scelta. Si sentiva nudo, perché l’Uomo era a conoscenza di tutto - si sentì idiota, per la prima volta dal giorno del suo acquisto.
Pix non era Dio.
Tornò su in fretta, e dopo aver preso nervosamente la Grande Madre si ritrovo esitante, incerto sul guardare al balcone se l’auto era ancora là ad attenderlo. Non lo fece. Entrò nell’ascensore - era sempre stato così lento? -, la Grande Madre stretta a sé come un feticcio.
- Hai fatto un’ottima impressione sulla Lega.
L’Uomo riusciva ad avere un tono quasi vivace, nonostante avessero passato diversi minuti in silenzio, diretti non si sa dove in quella macchina che puzzava di fumo. Pix gli rivolse uno sguardo interrogativo, prontamente ignorato.
-Quello prima di te era stato una delusione. Ci ha giocato un po’ per poi metterla da parte e riattaccare con le droghe. Un vero fiasco.
Tono da allevatore che parla ad un maiale particolarmente grasso. No, davvero: Pix non era Dio. Scrutava la Grande Madre sul proprio grembo, cercando di capire se tramite quell’aggeggio c’era modo di controllarne il possessore. L’Uomo se ne accorse.
- La tua… eh eh… la tua ragazza è una spiona, Pix. Abbiamo libero accesso al numero di volte e al periodo in cui viene usata. Non ci serve molto altro per distinguere un successo da un fiasco. Conosciamo la dinamica.
Sì, conoscevano la dinamica. La sua “ragazza” l’aveva privato di quella che poteva essere una sessualità umana; spesso, nel corso di quei mesi, si era dimenticato di avere dei bisogni fisiologici. Tutto quello che aveva contato per lui, era riempirsi la bocca di vite stroncate (creare per il solo gusto di distruggere; aveva osservato questo processo scrutando i bambini nei parchi, tempo addietro. Aveva rimosso questo pensiero fino alla ricomparsa della Grande Madre). Pix si schiarì la gola e si decise a parlare; fino a quel momento non aveva fiatato, nella speranza che sparisse tutto da un momento all’altro.
- “Conosciamo”… chi siete?
- Io sono solo un libero professionista. Non me ne frega un accidente né di te né della Lega.
- Cos’è la Lega?
- La conosci già… se non sei totalmente ignorante. Io, ad esempio, non la conoscevo, eh eh.
Proprio in quel momento, l’auto imboccò il vialetto che conduceva ad una villa isolata, dal giardino ben curato.
La macchina mancò di pochi centimetri un nano di gesso dall’aria gioconda, mentre l’Uomo parcheggiava.
- Quella la puoi lasciare qua, ora non ci serve.
Pix ebbe la sensazione che non l’avrebbe mai più toccata; abbandonò la Grande Madre sul sedile e richiuse la portiera. L’Uomo non si prese nemmeno la briga di togliere le chiavi dalla macchina. Salì i gradini davanti alla porta d’ingresso seguito da Pix, e suonò il campanello che ruppe il silenzio della campagna con un “din don” troppo falso per essere credibile. Sembrava una visita di cortesia.
Una signora sulla sessantina, con un grembiule da cucina e occhiali dalle lenti spessissime, aprì la porta e li invitò ad entrare - quel volto, già visto altrove o semplicemente banale?
La casa si presentava come un’elegante insieme di obsoleta mobilia in legno. A tradire l’atmosfera da primo Novecento, c’era un enorme televisore al plasma che sembrava essere il vero “protagonista” di quel salotto.
- I signori possono cominciare a scendere, io li raggiungerò tra un minuto.
Prima di seguire l’Uomo giù per le scale a chiocciola, Pix buttò un occhio sui giornali impilati accanto al televisore; una collezione del giornale ufficiale della Lega per i Diritti Prenatali, movimento di indignazione contro l’aborto. A metà della scala, Pix divenne della stessa tonalità di bianco sporco del muro, ricordando il volto della signora in un servizio televisivo riguardo una recente manifestazione della LDP. Lei e suo marito ne erano i presidenti.
Non fu quindi una sorpresa l’identità del signore baffuto e dai capelli bianchi ben pettinati che li aspettava nella camera sottostante. L’Uomo fece un passo verso di lui, come a domandare timidamente qualcosa. Il signore estrasse un blocchetto di banconote e glie le porse.
- L’ultimo che mi hai portato non mi è piaciuto nemmeno un po’.
- Le assicuro che questo non la deluderà. Si era praticamente perso nella sua “terapia”.
- Questo lo giudicherò io…
L’Uomo si congedò con un cenno, e sparì risalendo le scale dopo aver rivolto un sorriso per niente rassicurante al volto pallido di Pix. Ora i due erano rimasti soli.
Il presidente della LDP fissava un imprecisato punto con fare pensieroso; risollevò allegramente la testa, e sembrò accorgersi solo in quel momento della presenza di Pix.
- Su, cominciamo! Hai dormito bene stanotte?
Raccolse una mazza da baseball all’angolo della stanza. Pix rimase immobile, totalmente passivo.
-Mi son sempre chiesto che sapore abbia…dicono che sia dolciastro. Chissà che un giorno non mi decida a provarlo, ah ah!
Il colpo gli riportò alla mente quel suo primo sogno; le immagini riaffiorarono tutte insieme, e Pix impiegò almeno un paio di secondi prima di rendersi conto di essere ancora in piedi. Il signore non aveva smesso un attimo di blaterare.
- …e allora, cosa usavi, una tazzina o cosa? E’ facile da deglutire? Mi sembri soddisfatto!
Altri colpi, vecchie immagini che si mescolano al sapore del sangue. Buio.
L’Uomo tamburellava le dita sullo sterzo tenendo il ritmo della musica. Si fermò davanti ad uno squallido bar, con l’intenzione di mandare giù qualcosa di fresco. Lasciò la Grande Madre ad attenderlo sul sedile anteriore; non aveva un aspetto attraente, nessuno l’avrebbe toccata.
E mentre beveva una birra al bancone, i suoi occhi vispi saltavano da un volto all’altro, alla ricerca del prossimo.
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